Il 24 novembre 2020 sono stati approvati in Consiglio dei Ministri i cinque decreti legislativi di Riforma dello Sport, in attuazione della legge delega n. 86/2019 tra i quali un ruolo preminente riveste il Decreto di riforma del lavoro in ambito sportivo in quanto introduce da un lato precise tutele per i lavoratori dello sport, ma dall’altro prevede l’abrogazione parziale delle agevolazioni fiscali fin qui frequentemente applicate dai sodalizi sportivi e l’istituzionalizzazione dei rapporti di volontariato in questi enti.
La tempistica di approvazione dei Decreti dovrebbe concludersi con fine febbraio 2021 ed entrare in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, fibrillazioni di Governo permettendo, ad eccezione del Decreto di riforma del lavoro sportivo che invece dovrebbe entrare in vigore il successivo 1 settembre al fine di concedere agli enti sportivi alcuni mesi di tempo per riorganizzare i rapporti con i collaboratori.
Analizzando il Titolo V della Riforma, relativo al nuovo lavoro sportivo si evidenzia il superamento dell’attuale inquadramento tra dilettanti e professionisti introducendo come accennato una disciplina uniforme del lavoro nello sport al fine di tutelare dal punto di vista assicurativo e previdenziale chi opera negli enti sportivi percependo una remunerazione, e separando i soggetti tra chi impiega il proprio tempo con carattere di prestazioni d’opera gratuita tramite l’estensione all’ambito sportivo della normativa sul volontariato prevista dal D.lgs. 117/2017 di Riforma del Terzo Settore introducendo la figura del c.d. “amatore sportivo”.
Il decreto di Riforma del lavoro sportivo effettua una definizione dei soggetti “amatori” molto simile a quella dei “volontari” introdotta dall’art. 17 del Codice del Terzo Settore definendoli come tutti coloro che mettono a disposizione il proprio tempo per promuovere lo sport in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fine di lucro, neppure indiretto, ma esclusivamente per finalità amatoriali a favore di Federazioni sportive, Enti di promozione sportiva, Discipline sportive associate nonché associazioni e società sportive dilettantistiche.
Come già previsto nel Terzo Settore, vengono estese all’ambito sportivo anche le seguenti disposizioni:
- l’incompatibilità assoluta delle attività sportive amatoriali con qualsiasi forma di lavoro e retribuzione con l’ente sportivo;
- l’obbligo di assicurazione Responsabilità Civile, malattie ed infortuni connessi all’attività sportiva amatoriale dello sportivo amatore.
Per tutti i soggetti sportivi amatori la Riforma prevede una modifica dell’Art. 67, comma 1, lett. M, che attualmente disciplina l’erogazione di compensi sportivi, rimborsi spese forfettarie per trasferte e premi sportivi esenti da ogni imposta e contributo fino alla soglia di 10.000€ annui.
Se nel Codice del Terzo Settore troviamo il divieto assoluto di retribuire i volontari ed un preciso limite nel rimborso spese per trasferte pari a 10€ giornalieri o 150€ mensili, nella Riforma del lavoro sportivo si evidenzia su questo tema solo una revisione dell’attuale normativa.
Il nuovo Art. 67, comma 1, lett. M prevede quanto segue:
- Si cancella la possibilità di erogare i c.d. “compensi sportivi” ai collaboratori (atleti, istruttori, direttori tecnici, preparatori atletici e così via);
- Possono essere riconosciute indennità e rimborsi forfettari di spese in occasione di trasferte effettuate in nome e per conto dell’ente sportivo agli sportivi amatori;
- Possono essere erogati premi e compensi in relazione ai risultati sportivi ottenuti nelle competizioni sportive ai soggetti di cui sopra.
Vengono quindi da un lato abrogati i compensi erogati agli sportivi ma dall’altro non viene inserito un preciso limite dei rimborsi spese per trasferte come invece previsto dal D.lgs. 117/2017.
Da ultimo il nuovo Art. 67 qualifica come redditi diversi ai fini Irpef premi e rimborsi spese forfettari entro il limite di 10.000€ previsto dall’Art. 69 TUIR; nel caso in cui la somma dovesse essere maggiore di questa soglia, la prestazione sportiva sarà da considerare come reddito professionale per l’intero importo, e non solo per la parte che supera la franchigia e quindi integralmente soggetta a tassazione e contribuzione.