Le attività degli ETS, Enti del Terzo Settore

L’art. 4, comma 1 del D. Lgs. 3 luglio 2017 (Codice del Terzo Settore, anche “CTS”) stabilisce che “Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale“.

LE ATTIVITA’ DI INTERESSE GENERALE

Il Legislatore non ha definito le attività di interesse generale ma si è limitato, al successivo art. 5 del CTS, a predisporre uno specifico elenco di attività che considera avere questa natura.

Nel rinviare direttamente al menzionato articolo per quanto attiene al dettaglio delle voci che compongono la detta elencazione, in questa sede deve darsi atto di come le attività di interesse generale, al pari dell’assenza delle finalità di lucro, costituiscano uno degli elementi caratterizzanti l’identità di un Ente del Terzo Settore (ETS).

Un Ente non profit – fatta eccezione per le imprese sociali, per le quali deve aversi riguardo all’elencazione di cui all’art. 2 del D.Lgs. 112/2017 – può essere considerato ETS solo nella misura in cui eserciti in via principale o esclusiva un’attività di interesse generale richiamata dall’art. 5 del Codice.

E’ essenziale, tuttavia, che le attività di interesse generale che l’ente intende realizzare siano espressamente indicate nello statuto, al fine di assicurare la massima trasparenza tanto nei confronti dei terzi che vengono a contatto con l’ente, quanto nei confronti degli stessi soci.

Ciò che emerge dall’analisi delle norme sulle attività di interesse generale (sia l’elencazione di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 117/2017, quella di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 112/2017) è che tanto gli ETS quanto le imprese sociali sono tenuti a svolgere le indicate attività in forma prevalente e senza finalità di lucro soggettivo, asservendo gli utili da queste derivanti alle finalità di utilità sociale dell’Ente stesso.

Le attività elencate dalle indicate norme – che a ben vedere, in parte, avevano caratterizzato già il contenuto di cui al D.lgs 460/1997 in materia di Onlus e il D.lgs. 155/2006 in materia di imprese sociali, ampliandolo ulteriormente – sono per la gran parte comuni, fatta eccezione che per il microcredito, riservato alle Imprese Sociali, e per altre attività di carattere umanitario tipiche degli ETS.

Tenuto conto che sia gli ETS che le Imprese Sociali appartengono tutti al genus Terzo Settore, la logica sottostante appare essere quella per cui possa prevedersi la “migrazione” di un Ente da una sezione all’altra del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), sussistendone i requisiti di cui all’art. 50 CTS.

Tale migrazione potrebbe verificarsi allorquando, ad esempio, un ETS che prima non esercitava le proprie attività non in forma di impresa, si trovi a svolgerle in forma imprenditoriale.

L’elencazione delle attività di interesse generale, nonostante sia tassativa, non è tuttavia da considerarsi a numero chiuso, posto che l’art. 5, comma 2, CTS specifica, infatti, che tale lista possa essere aggiornata.

A tal proposito, si precisa che una prima integrazione dell’elenco è già avvenuta: dapprima, ad opera del decreto correttivo al codice del terzo settore (D.Lgs. n. 105/2018) che ha introdotto l’attività di interesse generale consistente nella “tutela degli animali e alla prevenzione del randagismo”; più recentemente, anche dal D.L n. 57/2023 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 95/2023, che ha previsto l’attività di “produzione, accumulo e condivisione di energia da fonti rinnovabili ai fini dell’autoconsumo”.

Le attività di interesse generale possono essere svolte dall’Ente in qualsiasi forma, tanto in favore di terzi quanto nei confronti dei propri associati. Sotto l’indicato profilo merita di essere riconosciuto al Legislatore il merito di aver sciolto, per gli ETS, il nodo tra lucro oggettivo e non lucratività soggettiva e, pertanto, di aver reso conciliabili i detti concetti.

Le finalità di utilità sociale perseguite dall’Ente, pertanto, potranno essere conseguite anche per mezzo della produzione e/o lo scambio di beni e servizi da destinare ai membri stessi dell’Ente oppure a favore di terzi.

Da ciò, discende anche che lo svolgimento di attività istituzionali mediante attività commerciali non comporti l’automatica cancellazione dell’Ente dal RUNTS, ma solo la concorrenza di tutti i proventi alla formazione del reddito di impresa (che verrà tassato in via ordinaria) e il disconoscimento delle agevolazioni connesse alla non commerciabilità dell’ente.

LE ATTIVITA’ DIVERSE

A latere delle attività di interesse generale, il Codice consente agli ETS di poter svolgere anche “attività diverse”, a condizioni che:

1. tale possibilità sia prevista dallo Statuto dell’Ente;

2. le attività diverse siano secondarie e strumentali rispetto alle attività di interesse generale.

Le attività diverse sono disciplinate dall’art. 6 del CTS e dal D.M. n 107/2021.

Con riferimento al primo requisito – la previsione statutaria di attività diverse – la circolare n. 20 del 27.12.2018 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha previsto la possibilità, per gli ETS, di indicare nel proprio statuto la volontà di svolgere le attività diverse, senza la necessità di una elencazione puntuale delle attività diverse esperibili, potendo queste ultime essere individuate in un momento successivo.

Con riferimento, invece, alla seconda condizione – il carattere secondario e strumentale delle attività diverse – si è assistito ad un superamento delle restrizioni previste dalle precedenti normative.

In particolare, quanto alla strumentalità, le attività diverse si considerano tali in funzione del loro asservimento alle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite dall’Ente del Terzo Settore: vale a dire se, indipendentemente dal loro oggetto, sono esercitate per la realizzazione, in forma esclusiva, delle sopraindicate finalità.

La natura strumentale delle attività predette è, pertanto, conseguenza del loro essere finalizzate a supportare, sostenere, promuovere o agevolare il perseguimento delle finalità istituzionali dell’Ente.

In altre parole, qualunque sia il tipo di attività diversa svolta ed indipendentemente dal suo grado di connessione con l’attività di interesse generale esercitata dall’ETS, la sua natura strumentale va valutata sulla base della capacità di perseguire gli obiettivi sociali previsti dalla legge.

Per quanto attiene, invece, al carattere della secondarietà, il D.M. n. 107/2018 prevede una misurazione di tipo quantitativo basata sui due parametri alternativi.

Nel dettaglio, la secondarietà ricorre allorché:

  1. i ricavi da attività diverse non siano superiori al 30% delle entrate complessive dell’Ente;
  2. i ricavi da attività diverse non siano superiori al 66% dei costi complessivi dell’Ente.

In considerazione dell’alternatività, è sufficiente che l’Ente rientri in uno dei due parametri, fermo restando la possibilità di fare riferimento, in periodi diversi, dapprima all’uno e poi all’altro criterio.

In tal caso, nella relazione di bilancio, prevista dall’art. 13, comma 6, del Codice, l’organo di amministrazione, nel documentare il carattere strumentale e secondario delle attività diverse che sono state svolte, dovrà avere premura di indicare quale dei due sistemi di calcolo sia stato utilizzato.

Resta inteso che, ove si verifichi il superamento dei limiti di secondarietà, l’ETS sarà obbligato ad adottare, nell’esercizio successivo, un rapporto tra attività secondaria e attività principali di interesse generale che sia inferiore alla soglia massima per una percentuale almeno pari alla misura del superamento dei limiti nell’esercizio precedente.

Nell’ipotesi di mancato rispetto del sopraindicato parametro di contenimento, l’ETS ha l’obbligo di effettuare, nel termine di 30 giorni dalla data di approvazione del bilancio, apposita segnalazione al RUNTS, pena la cancellazione dal Registro stesso.

Un risvolto critico delle attività degli ETS è, nel concreto, rappresentato dalla corretta classificazione di una attività tra quelle di interesse generale e quelle diverse.

Esemplare, a tal proposito, è il caso della gestione del patrimonio immobiliare derivante a tali Enti in forza di lasciti testamentari o donazioni e, in particolare, l’inquadramento dell’attività di gestione di tali beni nell’una o nell’altra tipologia di attività.

Se da un lato, la gestione immobiliare non rientra certamente tra le attività previste dall’art. 5 del CTS, è altrettanto vero che solo una gestione imprenditoriale del patrimonio potrebbe rientrare tra le “attività diverse” che hanno natura puramente commerciale. E infatti, se nel computo delle entrate derivanti da attività diverse fossero calcolati i redditi fondiari o di capitale derivanti dalla gestione del patrimonio, si arriverebbe al paradossale esito per cui tutti gli ETS dotati di un patrimonio (mobiliare o immobiliare) di cui percepiscono i frutti potrebbero finire col trasformarsi in enti commerciali in ragione del fatto che le entrate commerciali derivanti dalla gestione del patrimonio potrebbero superare quelle di natura non commerciale.

Author: Antonello

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