
Questo articolo prosegue il ragionamento avviato nella FAQ sul termine di prescrizione del debito TARI (link) e ne rappresenta la “cassetta degli attrezzi operativa”: qui si trovano casi concreti, ancore giurisprudenziali e una checklist pratica per chi riceve oggi richieste TARI arretrate.
1. Mini‑casi pratici: come ragionare “passo per passo”
Caso 1 – Avviso TARI 2017 notificato nel 2026
Un contribuente riceve nel 2026 un avviso di accertamento TARI per l’annualità 2017, con contestazione di maggiore superficie.
Passi logici da compiere:
Verificare l’anno dell’imposta e la data di notifica
Annualità: 2017.
Data di notifica: ad esempio, 10/02/2026.
Controllare la decadenza dall’accertamento
Regola base: il Comune deve notificare l’avviso entro il 31/12 del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione/versamento erano dovuti (art. 1, comma 161, L. 296/2006, richiamato dall’art. 1, comma 701, L. 147/2013).
Per occupazione già in corso dal 1° gennaio 2017, la Cassazione (ord. 12/06/2025 n. 15798) precisa che il quinquennio decorre da quell’anno d’imposta: per il 2017 la decadenza cade, in linea ordinaria, il 31/12/2022 (salvo sospensioni Covid).
In questo esempio, un avviso notificato nel 2026 è verosimilmente decaduto, salvo interpretazioni particolari legate a sospensioni o a decorrenze diverse per occupazioni iniziate tardi.
Verificare la prescrizione del debito
Prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4, c.c., calcolata dal 1° gennaio dell’anno successivo (2018) e poi dagli eventuali atti interruttivi.
Se non vi sono stati precedenti avvisi o cartelle, al 2026 il debito 2017 è tendenzialmente prescritto.
Valutare la motivazione dell’avviso
L’atto deve indicare chiaramente superfici, tariffe, delibere di riferimento e criteri di calcolo; non è ammessa integrazione postuma della motivazione in giudizio (Cass. ord. 21875/2025, art. 7 L. 212/2000 come riformato).
In una situazione così, le leve difensive principali sono decadenza, prescrizione e, in via subordinata, difetto di motivazione.
Caso 2 – Cartella TARI 2020 non impugnata, intimazione nel 2027
Un contribuente riceve nel 2021 una cartella TARI 2020 che non impugna. Nel 2027 riceve una intimazione di pagamento sullo stesso debito.
La mancata impugnazione della cartella non trasforma la prescrizione da 5 a 10 anni: non opera la “conversione” ex art. 2953 c.c., salvo un titolo giudiziale passato in giudicato.
La giurisprudenza di Cassazione è costante nel ritenere che, per i tributi locali, la prescrizione resta quinquennale anche dopo la cartella, se non interviene una sentenza di condanna definitiva.
Se tra la cartella del 2021 e l’intimazione del 2027 non risultano atti interruttivi, il debito TARI 2020 è prescritto e l’intimazione è contestabile.
2. Ancore giurisprudenziali “furbe” da usare a tuo favore
2.1 Prescrizione quinquennale confermata
Varie pronunce ribadiscono che TARI e tributi locali si prescrivono in 5 anni, non in 10:
Cass. 13683/2020 su IMU e tributi comunali;
Cass. 17667/2024 sulla riscossione coattiva di TARSU/TARI, che afferma l’estinzione del credito locale per prescrizione quinquennale a fronte di inerzia dell’ente.
Sono decisioni che puoi richiamare quando l’ente tenta di sostenere che, dopo la cartella non impugnata, il termine sia decennale.
2.2 Art. 2953 c.c. e “falso” decennale
L’art. 2953 c.c. prevede il termine decennale solo se interviene un giudicato di condanna (sentenza o decreto ingiuntivo definitivo).
La Cassazione ha chiarito che:
la semplice scadenza del termine per impugnare una cartella non produce la conversione in prescrizione decennale;
serve un vero e proprio titolo giudiziale definitivo sul tributo per applicare l’art. 2953 c.c.
Questa è un’ancora difensiva fondamentale contro le ricostruzioni “fantasiose” sulla prescrizione decennale dei tributi locali.
2.3 Motivazione dell’avviso TARI e divieto di motivazione postuma
Le recenti ordinanze su TARI (tra cui Cass. 21875/2025) hanno ribadito che:
l’avviso di accertamento deve essere motivato ab origine, indicando in modo comprensibile gli elementi essenziali della pretesa (superfici, categorie, aliquote, delibere);
è vietato integrare la motivazione successivamente, in giudizio o con note difensive, per “aggiustare” un atto nato carente;
la motivazione può essere per relationem (es. rinvio alle delibere tariffarie), ma solo se il rinvio consente davvero al contribuente di capire come è stato calcolato il tributo.
Per la difesa è un plus potente: anche se la prescrizione è borderline, un difetto di motivazione può portare comunque all’annullamento dell’atto.
3. Strumenti operativi: come usare tutto questo nella pratica
3.1 Checklist: cosa fare se ti arriva un avviso/cartella TARI arretrata
Quando ricevi una richiesta TARI, segui questo ordine logico:
Individua l’annualità o le annualità interessate
Segnati per ogni anno: importo richiesto, tipo di atto (avviso, cartella, ingiunzione, intimazione).
Verifica la data di notifica
Conserva busta, relata di notifica, ricevute PEC: ogni giorno può fare la differenza su decadenza e prescrizione.
Controlla la decadenza dall’accertamento (art. 1, c. 161, L. 296/2006)
L’avviso deve arrivare entro il 31/12 del quinto anno successivo, tenendo conto:
di quando era dovuta la dichiarazione/il versamento;
della distinzione Cass. 15798/2025 tra occupazione già in corso a inizio anno e occupazione iniziata dopo il 20 gennaio;
dell’eventuale proroga Covid di 85 giorni per termini pendenti all’8/03/2020.
Controlla la prescrizione del debito (art. 2948, n. 4, c.c.)
Parti dal 1° gennaio dell’anno successivo e “cammina” in avanti, segnando ogni atto interruttivo effettivamente notificato.
Se per oltre 5 anni non è arrivato nulla, il debito è eccepibile come prescritto.
Analizza la motivazione dell’atto
L’atto spiega davvero “da dove viene” la cifra? Sono indicati: superficie, categorie, delibere, riduzioni negate?
Se la motivazione è generica, stereotipata o rimanda a documenti mai allegati/indicati, ci sono margini per contestare il difetto di motivazione alla luce delle ultime ordinanze.
Valuta la strategia: autotutela, ricorso, o entrambe
Per vizi macroscopici (prescrizione/decadenza evidenti) si può tentare prima l’autotutela;
se i termini lo consentono, è prudente predisporre comunque il ricorso alla Corte di giustizia tributaria entro 60 giorni, specie se l’importo è significativo.
3.2 Box “errori frequenti” dei Comuni
Alcuni errori ricorrenti degli Enti che puoi tenere d’occhio:
Calcolo “creativo” della decorrenza della decadenza, soprattutto per annualità pre‑2014 o per occupazioni già in corso da anni;
Applicazione estesa e indifferenziata degli 85 giorni Covid anche a termini che in realtà iniziano a decorrere dopo l’8/03/2020;
Cartella non preceduta da un valido avviso di accertamento, ove richiesto dalle norme/regolamenti, con vizio a cascata sugli atti successivi;
Motivazione standard, copia‑incolla, senza dati specifici su superfici e tariffe, con tentativo di “aggiungere motivi” solo in contenzioso (vietato).
Sapere dove gli Enti sbagliano più di frequente consente di impostare subito una difesa mirata, senza disperdere energie.
4. Quando ha senso far valere la prescrizione (e quando no)
Non sempre conviene impostare una strategia “tutto o nulla” sulla prescrizione:
Ha molto senso quando le annualità sono risalenti (pre‑2019/2020), gli atti sono pochi e mal notificati, e il Comune ha oggettivamente dormito.
È meno efficace quando gli atti sono a ridosso del quinquennio, ben notificati e supportati da buona documentazione: in questi casi conviene affiancare la prescrizione ad altri motivi (motivazione, errori di calcolo, classificazione errata dell’uso, mancato riconoscimento di riduzioni).
L’articolo “Parte I” ti dà le coordinate generali su quando il debito TARI è prescritto e su come funzionano i termini di decadenza dall’accertamento; questa “Parte II” serve a trasformare quei principi in strumenti di difesa concreta, passo dopo passo, con il supporto degli orientamenti giurisprudenziali più favorevoli.
Prima parte: https://onida.sssr.it/faq-termine-di-prescrizione-della-tassa-rifiuti-tari/


