VePA, pergotende, stato legittimo, cambio di destinazione d’uso, procedimento di demolizione, tolleranze costruttive-esecutive, sanatoria abusi edilizi. Sono questi i principali temi di cui si è voluto occupare il Governo con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) che ha modificato, integrato e aggiunto articoli al D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
La sanatoria degli abusi edilizi prima del Decreto Salva Casa
Uno dei problemi più “caldi” affrontati dal Salva Casa è proprio la sanatoria degli abusi edilizi. Una problematica figlia:
- di una normativa edilizia che negli anni non ha mai differenziato le “tipologie” di difformità edilizie;
- di un quasi assente controllo del territorio;
- di 3 condoni edilizi (1985, 1994 e 2003) che hanno generato l’idea che qualsiasi intervento si potesse realizzare.
Fino al 29 maggio 2024 per sanare un abuso edilizio (ovvero un intervento realizzato in assenza/difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA “pesante”) era necessario passare unicamente dalla “doppia conformità”, un istituto che consentiva la regolarizzazione dei soli abusi “formali” ovvero di quegli interventi realizzati senza titolo ma conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria.
La nuova sanatoria edilizia dopo il Decreto Salva Casa
Dal 30 maggio 2024, in attesa che il Parlamento converta in D.L. n. 69/2024 (ma le nuove disposizioni sono già in vigore) tutto è cambiato. Fuori dal nuovo concetto di tolleranza costruttiva-esecutiva, che consentirà di rendere legittimi molti di quegli interventi che fino al giorno prima non lo erano (ma non chiamiamolo condono!) il legislatore ha deciso di suddividere gli interventi realizzati:
- in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività “pesante o in totale difformità da essa o con variazioni essenziali;
- in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività “leggera”.
Nel primo caso restano le regole vigenti prima del Decreto Salva Casa, ovvero:
- la doppia conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria;
- il silenzio rigetto all’istanza di sanatoria nel caso non vi sia risposta da parte del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale.
Le parziali difformità
Nel caso, invece, di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività “pesante” ovvero in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività “leggera”, il legislatore ha previsto una nuova procedura “semplificata”.
Intanto, occorre ricordare che per gli interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività “pesante” vige sempre quanto previsto all’art. 34 del Testo Unico Edilizia:
- ordine di demolizione;
- sanzione alternativa alla demolizione (che questa volta concorre allo stato legittimo così come previsto dalla nuova versione del comma 1-bis, art. 9-bis, del d.P.R. n. 380/2001).
Il nuovo art. 36-bis (Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità) inserito nel Testo Unico Edilizia prevede, però, che fino alla scadenza del “termine congruo” fissato dall’amministrazione e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l’intervento risulti conforme:
- alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
- ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione.
Una nuova “doppia conformità” che suddivide l’aspetto urbanistico da quello edilizio.
Via libera alla sanatoria condizionata
Diversamente dal recente passato, il nuovo art. 36-bis previsto per le parziali difformità consente all’amministrazione di vincolare il rilascio del permesso di costruire in sanatoria alla preventiva attuazione, entro il termine assegnato dallo sportello unico, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate.
Via libera, dunque, alla sanatoria condizionata degli abusi parziali, i cui interventi vengono individuati allo sportello unico edilizia e diventano condizione necessaria per la formazione del titolo (anche in “silenzio”).
L’epoca di realizzazione dell’intervento e la conformità edilizia
Mentre la conformità alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda non dovrebbe comportare particolari problematiche, per la conformità ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione un professionista abilitato dovrà preliminarmente accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, secondo e terzo periodo, del Testo Unico Edilizia ovvero:
- il titolo edilizio che ha previsto la realizzazione o la legittimazione dell’immobile, integrato con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali;
- le eventuali sanzioni alternative alla demolizione.
Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, è possibile utilizzare le informazioni catastali di primo impianto, o altri documenti probanti, quali:
- le riprese fotografiche;
- gli estratti cartografici;
- i documenti d’archivio;
- altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza;
e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Attenzione (questa è una novità), nel caso in cui sia proprio impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità (passibile di sanzioni penali).
Immobili vincolati
Nel caso gli interventi in parziale difformità siano stati realizzati anche in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento. In questo caso l’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i suddetti termini, il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente.
Le sanzioni
Il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati anche al pagamento, a titolo di oblazione, di una somma pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro.
Nell’ipotesi di interventi realizzati anche in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.
L’importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria a spese dell’interessato.
Il silenzio-assenso sulla domanda di sanatoria
Diversamente dall’art. 36, sull’istanza di sanatoria delle parziali difformità è previsto che il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronunci con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta (silenzio assenso).
Alle segnalazioni di inizio attività in sanatoria, invece, si applica il termine di 30 giorni previsto all’articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Nell’ipotesi di interventi in assenza di autorizzazione paesaggistica, questi due termini (45 e 30 giorni) sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica.
Decorsi tali termini, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Il termine è interrotto qualora l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori. In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni prevista dal presente testo unico.
La nuova modulistica edilizia
Chiaramente, la nuova versione degli articoli 36 e 36-bis impone la definizione di una nuova modulistica edilizia in sede di conferenza unificata Stato Regioni. In attesa i professionisti potranno inviare PEC al Comune per la presentazione delle istanze che potranno riguardare anche il riesame di provvedimenti avviati sulla base della vecchia normativa.