FAQ: termine di prescrizione della tassa rifiuti (TARI)

Si riceve il seguente quesito: “Entro quando il Comune può agire per il recupero della tassa sui rifiuti non pagata? Come posso difendermi?”.
Nel corso del tempo, ha cambiato vari nomi: Tarsu (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), Tia (tariffa igiene ambientale), Tares (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi) e, da ultimo, Tari (tassa rifiuti). In qualunque modo la si chiami, l’unica cosa certa è l’obbligo di pagamento dei relativi di importi ad opera del contribuente.

Non si è mai contenti di pagare le tasse, soprattutto quando il cittadino dà per scontata la presenza dei servizi comunali, a prescindere dal proprio contributo economico. Il pagamento di questa tassa, molto spesso, viene richiesto in un’unica soluzione, con la possibilità di spalmare l’importo in tre o quattro rate. Questi importi, nel corso dell’anno, si vanno a sommare ad altre scadenze, che rendono le proprie tasche incapaci di far fronte a tutte le spese.

Ma cosa succede se decidi di non pagare questa tassa? Entro quale termine l’ente preposto a ricevere il pagamento può pretendere gli importi? In questo articolo, vedrai i termini di prescrizione spazzatura, non prima di aver analizzato la tassa rifiuti e le sue caratteristiche.

La natura della tassa sui rifiuti

Possiamo considerarla come un tributo finalizzato a sostenere i costi di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Questa tassa, chiamata in svariati altri modi, è stata introdotta nel 2014, sostituendo la Tares.

Essa è dovuta da ogni cittadino sia in possesso, a qualsiasi titolo, di locali suscettibili di produrre dei rifiuti urbani, ad esclusione delle pertinenze e delle aree condominiali.

Le somme sono destinate ai comuni che, in tal modo, possono gestire il servizio di raccolta e smaltimento, tramite gare d’appalto indette tra le aziende partecipanti.

Gli importi

Ai Comuni sono dati ampi poteri di determinazione degli importi, con possibilità sia di prevedere aumenti rispetto a quanto stabilito dai metodi di calcolo della normativa, sia di esenzioni e agevolazioni in base al reddito del singolo contribuente.

Il metodo di calcolo si basa:

  • sulla determinazione dei costi di servizio, anche alla luce dell’aggiudicazione dell’appalto;
  • sulla scissione tra costi fissi e variabili, anche alla luce della tipologia dei locali (domestici, o non domestici);
  • sulle varie categorie di utenze, alle quali andrà applicata una specifica aliquota.

In linea generale, gli avvisi di pagamento vengono inviati nel corso dell’anno e prevedono la possibilità di pagare gli importi in un’unica rata, o con un piano rateale di poche rate (due, o tre al massimo) spalmate nei mesi a seguire.

Come pagare?

Il pagamento della tassa sui rifiuti viene effettuato tramite il modello F24, che arriva già a casa precompilato, sia nella versione “rata unica”, che nella versione rateizzata.

Basterà, quindi, recarsi presso un ufficio postale, l’Agenzia delle Entrate, o un istituto di credito per procedere al pagamento. Potrai, anche, effettuare il pagamento online, comodamente da casa, grazie ai servizi offerti dalla tua banca.

Ovviamente, dovrai premurarti di conservare la quietanza di pagamento, poiché, nel caso in cui il comune dovesse richiederti il pagamento di un importo già versato, l’unico tuo modo per dimostrare il versamento sarebbe produrre l’F24 quietanzato (col timbro dell’ufficio che ha incassato le somme).

Termine di prescrizione

Per stabilire entro che termine il Comune può esigere il pagamento delle tasse non pagate, occorre fare riferimento a quanto stabilisce il Codice civile.

Ebbene, secondo la legge [1], la Tari si prescrive in cinque anni, essendo una tassa che deve essere pagata periodicamente, di anno in anno. Infatti, i tributi locali che riguardano la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti sono caratterizzati da una erogazione periodica del servizio, che ne fa scaturire il termine breve per il maturarsi della prescrizione, e non quello ordinario di dieci anni [2].

Una volta decorso questo termine, potrai contestare la richiesta e, se il Fisco dovesse pretendere quelle somme, avresti a disposizione i mezzi impugnatori previsti dalla legge.

Viceversa, se la richiesta di pagamento della Tari dovesse arrivare prima dello spirare del termine prescrizionale, allora tutto il tempo trascorso andrà perduto, e i cinque anni inizieranno a decorrere nuovamente.

Da che termine decorre la prescrizione?

I cinque anni di prescrizione iniziano a decorrere dall’anno successivo a quello di imposta, inteso come l’anno in cui avrebbe dovuto pagarsi la tassa sulla spazzatura.

Se, ad esempio, arriva una richiesta di pagamento relativa alla Tari del 2015, sappi che potevano pretendere il pagamento fino al 31 gennaio 2020.

Mentre, se la tassa sui rifiuti si riferisce all’annualità 2014, l’agenzia delle entrate riscossione avrebbe potuto rivendicare il diritto al pagamento delle somme entro il 31 dicembre 2019 e, quindi, avrà perso il diritto alla  riscossione.

Tuttavia, se nell’arco di tempo intercorso tra il 2015 e il 2020, ti è stata notificata un’intimazione di pagamento, allora l’inizio del termine prescrizionale non dovrà più rifarsi all’annualità, ma al giorno in cui è pervenuta la notifica.

Ad esempio, se per l’annualità del 2015, il Comune ti ha inviato una richiesta di pagamento il 15 marzo 2018, il termine prescrizionale non scadrà il 31 dicembre 2020, ma il 15 marzo 2033.

Termini decadenziali Covid-19 per gli accertamenti allungati di 85 giorni

Con la sentenza n. 6771 dell’11 ottobre 2022 la Corte di Giustizia di II grado della Campania ha affermato che i termini decadenziali per l’accertamento dell’annualità 2015 scadono il 26 marzo 2021, per effetto della sospensione Covid-19 prevista dall’art. 67 del d.l. 18/2020.

Com’è noto l’art. 67 del decreto-legge n. 18/2020 (conv. in legge n. 27/2020) ha sospeso dall’8 marzo 2020 al 31 maggio 2020 i termini relativi all’attività di accertamento da parte degli uffici degli enti impositori, tra cui vanno ricompresi anche i Comuni.

In ordine alla proroga dei termini di decadenza e prescrizione di pari durata (85 giorni), l’orientamento dei giudici tributari appare piuttosto oscillante. Per un verso si sostiene che dopo il 31 dicembre del quinto anno successivo il credito deve ritenersi comunque prescritto (CTP Napoli n. 11587 del 28/10/2021, CTP Caserta n. 394 del 3/2/2022). Per altro verso si ritiene applicabile la proroga di 85 giorni prevista dall’art. 67 del d.l. 18/2020 (CTP Caserta n. 2807 del 28/9/2021, CTP Napoli n. 12232 dell’11/11/2021, CTP Napoli n. 12981 del 29/11/2021).

La sentenza in commento si pone in linea con il secondo orientamento (favorevole ai Comuni), che ritiene applicabile il maggiore termine di 85 giorni.

Nel caso in esame l’avviso di accertamento risultava spedito il 22 marzo 2021 (come comprovato dalla relativa raccomandata) e il contribuente l’aveva ricevuto dopo il 26 marzo 2021. La CGT di II grado della Campania ritiene comunque l’avviso tempestivamente notificato al contribuente, applicando il principio di sdoppiamento degli effetti della notifica effettuata a mezzo posta, recentemente chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 40543 del 17/12/2021.

Inoltre i giudici tributari d’appello campani evidenziano che l’art 67 del d.l. 18/2020 ha previsto la sospensione dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo accertamento riscossione e contenzioso da parte degli uffici preposti nel periodo 8/3/2020 – 30/5/2020 per un totale di 85 giorni con conseguente prolungamento  dei termini di accertamento per un periodo corrispondente a quello di sospensione, in sostanza fino al 26.3.2021. Ebbene, la spedizione dell’atto in data 22.3.2021 consente di ritenere rispettato il termine decadenziale pure se l’avviso è stato ricevuto dal contribuente dopo la scadenza del termine del 26.3.2021.

In conclusione la sentenza n. 6771/2022 della CGT di II grado della Campania segna un ulteriore punto a favore dei Comuni.

Si tratta peraltro di una questione sulla quale è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 11/E del 6/5/2020, evidenziando lo spostamento in avanti del decorso dei termini per la stessa durata della sospensione, posizione confermata dal Dipartimento delle Finanze con la risoluzione n. 6/DF del 15/6/2020 secondo cui l’effetto della disposizione in commento è quello di “spostare in avanti il decorso dei suddetti termini per la stessa durata della sospensione”.

Si segnala che l’IFEL (fondazione dell’ANCI) con una nota di approfondimento del 2/11/2021 ha fornito indicazioni in ordine agli articoli 67 e 68 del d.l. n. 18/2020, affermando che i termini per la notifica degli avvisi di accertamento sono prorogati di 85 giorni, mentre per la notifica delle ingiunzioni fiscali va considerata la proroga di due anni per quelle in scadenza nel 2020-2021, ovvero di 542 giorni per quelle successive.

L’IFEL ha inoltre chiarito che tutti i termini di decadenza pendenti alla data dell’8 marzo 2020, e quindi non solo di quelli che erano in scadenza nel 2020, sono prorogati di 85 giorni, pari al periodo di sospensione (8 marzo-31 maggio 2020). Ciò implica, che ai termini di notifica previsti dall’articolo 1, comma 161, legge 296/2006 devono essere aggiunti 85 giorni. Considerando che all’8 marzo 2020 erano pendenti i termini relativi agli atti di accertamento esecutivi per omesso versamento per gli anni 2015-2019 e gli atti di accertamento esecutivi per infedele o omessa denuncia per gli anni 2014-2018, i nuovi termini risulteranno fissati al 26 marzo 2022 e così via, come indicato nell’apposito schema temporale fornito dall’IFEL.

La proroga non potrà invece riguardare le omissioni successive alla data dell’8 marzo 2020, come nel caso dell’omessa dichiarazione Imu 2019 (scadenza adempimento 31/12/2020) o per l’omesso versamento Imu 2020. Si è infatti al cospetto di termini che iniziano a decorrere dopo l’8 marzo 2020 e che non possono quindi rientrare nel campo di operatività della sospensione.

Come impugnare la tassa prescritta?

Se, dai calcoli effettuati, ti sei reso conto che le annualità non pagate risultano prescritte, occorrerà impugnare, per es. tramite commercialista, davanti alla commissione tributaria competente, l’atto ricevuto. Per farlo, avrai a disposizione sessanta giorni, decorrenti da quando hai ricevuto l’atto da impugnare. In questo modo, potrai ottenere la sentenza di un giudice, con la quale interrompere future pretese economiche da parte dell’ente.

In alternativa, se le richieste di pagamento sono già state trasmesse all’ente riscossore, che ha provveduto all’iscrizione a ruolo e all’emissione della cartella esattoriale, potrai inviare un’istanza per ottenere la cancellazione dell’iscrizione, motivando la prescrizione maturata.

Nel caso in cui l’ente riscossore non dovesse riscontrare la tua richiesta entro duecentoventi giorni dalla notifica effettuata, le cartelle di riferimento potranno considerarsi cancellate di diritto [3].

note:
[1] Art. 2948 cod. civ.
[2] Cass. civ., sez. trib., n. 4283/2010 del 23.02.2010
[3] Art. 1 legge 228/2012

Author: Antonello

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