Il regime impositivo delle cripto-attività per i soggetti non imprenditori che si rinviene nell’articolo 67 comma 1 lettera c-sexies) del TUIR (introdotto dalla Legge 197/2022) fa rientrare tra i redditi diversi di natura finanziaria “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate”.
Sono tassate le plusvalenze che derivano dal rimborso, dalla cessione a titolo oneroso, dalla permuta, dalla detenzione delle cripto-attività.
La norma stabilisce, inoltre:
– che tali redditi non sono assoggettati a tassazione se inferiori, complessivamente, a 2.000 euro;
– che in ogni caso non costituisce fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi le medesime caratteristiche e funzioni.
Secondo le indicazioni fornite dalla circ. Agenzia delle Entrate 27 ottobre 2023 n. 30, si ricorda che:
– lo scambio tra valute virtuali è esente come lo scambio tra NFT (anche diversi);
– mentre risulta tassato l’utilizzo di una cripto-attività per l’acquisto di un bene o servizio, l’utilizzo di una valuta virtuale per l’acquisto di un NFT e la conversione di una valuta virtuale in euro, o in altre valute FIAT.
Come chiarito sempre dalla circ. n. 30/2023 (§ 3.1), in caso di scambio tra cripto-attività aventi medesima funzionalità economica, il valore di acquisto da attribuire alla cripto-attività acquisita per effetto dello scambio corrisponde al valore di carico in euro della cripto-attività ceduta in permuta. Si suppone, ad esempio, che un contribuente acquisti 10 ether scambiando 5 bitcoin dei 20 bitcoin originariamente posseduti e che i 20 bitcoin avessero al momento dello scambio un valore di acquisto di 2.000 euro. Ai 10 ether acquisiti con lo scambio si deve riconoscere un valore di acquisto di 500 euro, ossia un valore pari a quello dei 5 bitcoin ceduti nello scambio.
Inoltre, ai sensi del comma 9-bis dell’art. 68 del TUIR:
– le plusvalenze di cui all’art. 67 comma 1 lett. c-sexies) sono determinate in base alla differenza tra il corrispettivo percepito, o il valore normale delle attività permutate, e il costo o valore di acquisto delle stesse;
– i redditi derivanti dalla detenzione delle cripto-attività sono determinati in base a quanto percepito, senza alcuna deduzione.
Il costo o valore di acquisto, da documentarsi a cura del contribuente, si basa su “elementi certi e precisi”. In loro assenza, il costo è pari a zero.
Le plusvalenze e gli altri redditi di cui all’art. 67 comma 1 lett. c-sexies) del TUIR sono assoggettati all’imposta sostitutiva del 26%.
I codici tributo da utilizzare sono (ris. n. 36/2023):
– 1715 per il regime dichiarativo;
– 1716 per i regimi di risparmio amministrato e gestito.
Il possesso di cripto-attività a partire dal 2023 deve essere valutato anche ai fini dell’applicazione dell’imposta di bollo o, alternativamente dell’imposta sul valore delle cripto-attività (che riprende per buona parte la normativa dell’IVAFE).
Entrambe le imposte adottano un’aliquota nella misura proporzionale del 2 per mille e, se il cliente è un soggetto diverso da persona fisica, si applica la misura massima di euro 14.000.
Ai fini dell’imposta di bollo, la comunicazione si considera in ogni caso inviata almeno una volta nel corso dell’anno anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione.
Come chiarito dalla circ. n. 30/2023 (§ 3.7.3), in assenza di un intermediario che applichi l’imposta di bollo, trova applicazione un’imposta sul valore delle cripto-attività detenute da tutti i soggetti residenti in Italia.
L’imposta sul valore delle cripto-attività, invece, è dovuta ove le cripto-attività siano detenute presso un intermediario non residente, o se sono archiviate su chiavette, PC o smartphone.
Al riguardo, si deve tenere presente che tale imposta non è dovuta solo dai soggetti che sono tenuti ad assolvere gli obblighi di monitoraggio fiscale ex art. 4 del DL 167/90, ma anche dai soggetti imprenditori come le società di capitali o di persone commerciali. Tale circostanza sembra confermata dai modelli REDDITI 2024 pubblicati dall’Agenzia delle Entrate.
Anche dall’imposta sul valore delle cripto-attività è possibile dedurre, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’importo dell’eventuale imposta patrimoniale relativa alle medesime cripto-attività versata a titolo definitivo nello Stato estero.
Il credito d’imposta non può in ogni caso superare l’imposta dovuta in Italia.
Secondo quanto riportato dalle istruzioni ai modelli REDDITI 2024, l’imposta verrà liquidata all’interno del quadro RW dei modelli PF, ENC e SP (codice investimento 21), mentre sarà dichiarata nel quadro RQ del modello SC.
Per il versamento del saldo dell’imposta sul valore delle cripto-attività si utilizza il codice tributo 1727 (ris. n. 36/2023), mentre le due rate di acconto si versano con i codici 1728 e 1729 (ris. n. 10/2024).