Via libera alle assemblee condominiali con presenza. O forse no?

La notizia tanto attesa è arrivata già dal 16 maggio: le assemblee di condominio possono riprendere anche in presenza. O forse no? Sembra paradossale, ma a dispetto del susseguirsi con cadenza ormai quasi quotidiana di decreti e linee guida, occorrerà attendere ancora una volta l’aggiornamento delle Faq del Governo per sciogliere il nodo: assemblee condominiali autorizzate anche in presenza oppure no? Proviamo a ricostruire l’iter normativo e, soprattutto, i passaggi che farebbero propendere per l’una o per l’altra tesi.

Il decreto riaperture

Sabato 16 maggio, dopo la nuova conferenza stampa in cui il premier Conte annunciava il vastissimo pacchetto di riaperture concordato con le Regioni (peraltro ben più ampio e meno regolamentato di quanto avrebbe richiesto il Comitato Tecnico Scientifico) in Gazzetta Ufficiale veniva pubblicato il Decreto Legge 16 maggio 2020, n. 33, con entrata in vigore immediata.

Ebbene, all’articolo 1, comma 10, il Decreto recita testualmente:

“Le riunioni si svolgono garantendo il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”.

Dalla lettura del testo, qualche dubbio sembra permanere, in quanto, anche se si tenta di assimilare le assemblee condominiali ad altro tipo di assemblee, c’è un però. Anzi, ve ne sono ben due.

Innanzitutto: al precedente comma 8, sempre dell’articolo 1, il Decreto precisa:

“È vietato l’assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura con la presenza di pubblico, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo e fieristico, nonché ogni attività convegnistica o congressuale, in luogo pubblico o aperto al pubblico, si svolgono, ove ritenuto possibile sulla base dell’andamento dei dati epidemiologici, con le modalità stabilite con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020”.

Dunque, ricapitolando: riunioni sì, ma senza assembramento? Diciamo che, tutto sommato, posto quanto puntualizzato dal comma 10 in merito alla distanza minima di un metro tra i partecipanti, parrebbe, di per sé, non essere un impedimento allo svolgimento delle assemblee condominiali di persona.

Il nodo, piuttosto, pare essere un altro.

Come premesso, infatti, il Decreto si basa sulle Linee di indirizzo per la riapertura delle Attività Economiche e Produttive non soltanto concordate dal Governo con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, ma divenute parte integrante del Decreto stesso dopo un duro confronto avvenuto nella notte tra sabato e domenica tra il presidente del Consiglio, il ministro Boccia e i rappresentanti, appunto, delle Regioni.

Un faccia a faccia terminato alle 3,30 di notte, e alla fine il Governo si è impegnato a richiamare nel testo le linee guida elaborate e proposte dalla Conferenza delle Regioni quale riferimento certo e principale dai cui far discendere i protocolli regionali.

Ma che cosa c’entrano le linee di indirizzo con le assemblee condominiali?

Le linee di indirizzo e le assemblee condominiali

Le Linee di indirizzo si compongono di 11 schede, una delle quali (la n. 7) denominata “Uffici aperti al pubblico”.

Tale scheda, e qui torniamo anche al comma 8 dell’articolo 1 del decreto, prevede, tra le altre indicazioni, anche la seguente:

“Per le riunioni (con utenti interni o esterni) vengono prioritariamente favorite le modalità a distanza; in alternativa, dovrà essere garantito il rispetto del mantenimento della distanza interpersonale di almeno 1 metro e, in caso sia prevista una durata prolungata, anche l’uso della mascherina”.

Tuttavia – e questo è il problema principale – la scheda in oggetto si applica “al settore degli uffici, pubblici e privati, degli studi professionali e dei servizi amministrativi che prevedono accesso del pubblico”.

Sarà dunque valida anche per lo specifico delle assemblee di condominio?

In attesa di comprenderlo senza dubbi e fraintendimenti, riportiamo, per completezza, le altre indicazioni previste dalla scheda tecnica:

  • Predisporre una adeguata informazione sulle misure di prevenzione.
  • Potrà essere rilevata la temperatura corporea, impedendo l’accesso in caso di temperatura > 37,5 °C.
  • Promuovere il contatto con i clienti, laddove possibile, tramite modalità di collegamento a distanza e soluzioni innovative tecnologiche.
  • Favorire l’accesso dei clienti solo tramite prenotazione, consentendo la presenza contemporanea di un numero limitato di clienti in base alla capienza del locale (vd. punto successivo).
  • Riorganizzare gli spazi, per quanto possibile in ragione delle condizioni logistiche e strutturali, per assicurare il mantenimento di almeno 1 metro di separazione sia tra le singole postazioni di lavoro, sia tra i clienti (ed eventuali accompagnatori) in attesa. Dove questo non può essere garantito dovrà essere utilizzata la mascherina a protezione delle vie aeree.
  • L’area di lavoro, laddove possibile, può essere delimitata da barriere fisiche adeguate a prevenire il contagio tramite droplet.
  • Nelle aree di attesa, mettere a disposizione soluzioni idro-alcoliche per l’igiene delle mani dei clienti, con la raccomandazione di procedere ad una frequente igiene delle mani soprattutto dopo il contatto con riviste e materiale informativo.
  • L’attività di front office per gli uffici ad alto afflusso di clienti esterni può essere svolta esclusivamente nelle postazioni dedicate e dotate di vetri o pareti di protezione.
  • L’operatore deve procedere ad una frequente igiene delle mani con soluzioni idro-alcoliche (prima e dopo ogni servizio reso al cliente).
  • Assicurare una adeguata pulizia delle superfici di lavoro prima di servire un nuovo cliente e una adeguata disinfezione delle attrezzature.
  • Favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni ed escludere totalmente, per gli impianti di condizionamento, la funzione di ricircolo dell’aria.

Assemblee condominiali in presenza: si o no?

Torniamo dunque al dilemma iniziale: le assemblee condominiali in presenza, si possono svolgere oppure no?

Dalla lettura integrata dei provvedimenti illustrati sopra, non è chiaro, potrebbero essere sottintese entrambe le ipotesi in mancanza di una precisa previsione, si rimanda tutto alla responsabilità individuale (improbabile ma non impossibile) a cui gli intervenuti vanno incontro e che vedremo sotto, premettendo che sarebbe opportuno attendere un chiarimento ufficiale da parte del Governo.

In ogni caso, qualora la risposta fosse positiva, restano da mettere in conto le precauzioni che l’amministratore condominiale dovrebbe prendere per garantire una partecipazione dei condòmini in sicurezza: dalla scelta di un locale adeguatamente capiente, alla sua sanificazione, fino all’eventuale messa a disposizione di dispositivi di protezione (mascherine, eventualmente guanti, certamente disinfettante per le mani).

Il che, certamente, implicherebbe (implicherà) anche un aggravio dei costi a carico dei condòmini, oltre che l’eventuale necessità di maggiori spostamenti per raggiungere locali in possesso di tali requisiti, qualora quelli utilizzati fino a pochi mesi fa non dovessero prestarsi allo scopo.

Per completezza si citano le sanzioni connesse, senza considerare quelle connesse ad un improbabile ma non impossibile contagio oggettivo.


Sanzioni

A causa dei provvedimenti restrittivi emanati dal governo a causa del diffondersi del COVID-19, sono state previste una serie di sanzioni, anche di carattere penale, per chi non dovesse rispettare tali provvedimenti.

In particolare più volte abbiamo avuto modo di confrontarci con la fattispecie di reato di cui all’art. 650 c.p. rubricato “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”.

Ebbene a tale fattispecie di reato può incorrere chiunque viola un provvedimento emanato dall’autorità, provvedimento che per tutti noi, in questo delicato momento, si sostanziava nel non abbandonare il domicilio se non per cause di necessità, lavoro o salute.

Va subito precisato come la fattispecie di reato in esame rientra nell’alveo delle contravvenzioni per la cui sussistenza non è richiesta una valutazione in merito alla presenza dell’elemento soggettivo (dolo o colpa).

I reati contravvenzionali, inoltre, non prevedono, a differenza dei delitti, come sanzione da irrogare la reclusione o la multa bensì l’arresto o l’ammenda.

Ebbene il reato di Inosservanza dei Provvedimenti dell’Autorità è un reato a forma libera, un reato comune poiché può essere commesso da chiunque ed infine il bene giuridico tutelato dalla norma in questione è l’ordine pubblico.

Inoltre il reato di cui all’art. 650 c.p. rappresenta un classico esempio di norma penale in bianco poichè il precetto è formulato in modo generico, dovendo perciò essere completato da atti normativi di grado inferiore (es. regolamenti, provvedimenti amministrativi ecc).

Le conseguenze in caso di violazione del reato di cui all’art. 650 c.p.

Come già anticipato l’inosservanza di un provvedimento dell’autorità comporta l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro.

Va chiarito come per i reati contravvenzionali non è previsto l’arresto in flagranza quale misura pre-cautelare per cui una volta accertata la violazione, gli ufficiali di PG procederanno ad una segnalazione alle autorità procedenti ed inizieranno le indagini; una volta concluse le indagini il Pubblico Ministero procedente eserciterà l’azione penale con l’emissione del decreto di citazione diretta a giudizio ex art. 550 c.p.p. a seguito del quale si instaurerà il processo in senso stretto.

A tal punto va precisato quali in concreto siano le conseguenze derivanti dalla violazione della fattispecie di reato di cui all’art. 650 c.p.

Ebbene, qualora venisse provata la penale responsabilità dell’imputato le possibili conseguenze sul piano sanzionatorio sarebbero svariate.

Il peggiore degli scenari nel quale potrebbe incorrere un soggetto che ha violato la fattispecie di reato di cui all’art. 650 c.p. è sicuramente la condanna a 3 mesi di arresto, ma ciò non comporterà la restrizione della libertà personale.

Una soluzione alternativa potrebbe essere quella della scelta della cosiddetta sospensione del procedimento con messa alla prova.

Tale istituto, regolato ai sensi dell’art. 168 bis c.p. stabilisce che per i reati per cui la legge prevede una pena pecuniaria o comunque una pena non superiore nel massimo ad anni 5, è possibile tramite un’attività di volontariato, estinguere le conseguenze del reato.

Nel caso fosse accertato, dalla PG operante che non solo sia stata commessa una violazione ex art. 650 c.p., ma sia stato dichiarato anche il falso si incorrerà nella fattispecie di reato di cui all’art. 495 c.p.

E giusto il caso di ricordare che il rispetto delle indicazioni di prevenzione, in qualsiasi delle numerose sfumature, costituisce inosservanza di un provvedimento dell’autorità.

Quindi, nelle lacune della norma, oltre alla responsabilità dell’amministratore, anche ciascun partecipante è colpevole ex articolo 650 del Codice Penale.

Invero, di ancora maggiore allarme sociale sono altre due fattispecie di reato nelle quali si può incorrere in questo periodo e sono: il reato di cui all’art. 438 c.p. ed il reato di cui all’art. 452 c.p. che lancio in conclusione e di cui non voglio parlare.

 

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