
Una domanda ricorrente e con diversi interpelli trattati dall’Agenzia delle entate è quella della detrazione per ristrutturazione edilizia e della detrazione per risparmio energetico in il caso di un immobile da destinarsi a studio professionale. Il cambio di destinazione d’uso dell’immobile fa perdere il diritto alle agevolazioni?
Il caso trattato dall’Agenzia Entrate riguarda il contribuente proprietario di un’unità immobiliare accatastata come categoria A/3, intenzionato a effettuare alcuni interventi destinati al risparmio energetico (ecobonus) e alcuni interventi di recupero del patrimonio edilizio, inquadrabili all’interno di quelli di cui alla lett. a) e seguenti dell’art. 16-bis comma 1 D.P.R. 917/1986.
Il contribuente ha precisato che al termine dei lavori combinati, l’unità immobiliare sarebbe stata concessa in comodato al coniuge che l’avrebbe utilizzata personalmente come studio professionale e quindi si poneva il problema se l’effettivo cambio di destinazione dell’uso dell’unità immobiliare potesse compromettere la fruibilità delle agevolazioni.
Si ricorda che per poter fruire delle detrazioni per il recupero edilizio, il contribuente è tenuto al rispetto dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dall’art. 16-bis D.P.R. 917/1986.
Requisiti oggettivi per fruire dell’ecobonus sull’unità immobiliare
Con particolare riferimento ai requisiti oggettivi, la norma ha limitato l’ambito applicativo della disposizione agli interventi realizzati sulle unità immobiliari destinate ad abitazione di qualunque categoria catastale, con la conseguente esclusione degli edifici a destinazione diversa.
Inoltre, sempre con riferimento agli interventi di recupero edilizio, l’Agenzia delle Entrate aveva già precisato in precedenza come ai fini della determinazione del carattere residenziale delle unità immobiliari si debba assumere l’uso effettivo ossia reale dell’immobile, a prescindere dalla categoria catastale presente (circolare n. 57/E/1998 AdE).
La conseguenza è che in applicazione di questo consolidato indirizzo, se l’unità immobiliare è classificata in categoria “A/10” (ufficio), ma è utilizzata come abitazione, dovrebbe essere considerata a destinazione abitativa.
Allo stesso modo, nel caso contrario in cui l’unità immobiliare, censita in categoria A/3, risulti utilizzata come ufficio, dovrebbe essere considerata come una unità non residenziale, con l’ulteriore considerazione che se l’unità residenziale è adibita promiscuamente anche all’esercizio dell’arte o della professione o di attività commerciali, la detrazione deve essere determinata sul 50% delle spese sostenute (circolare n 19/E/2020 Agenzia delle Entrate).
Il parere del Fisco
L’Agenzia delle Entrate ribadisce il concetto affermato che è possibile fruire della detrazione d’imposta per la ristrutturazione edilizia anche nel caso in cui gli interventi riguardino un immobile non residenziale (come ad esempio A/10, D/10 o altro) che però in seguito ai lavori edilizi intervenuti alla fine dei lavori risulti a destinazione abitativa, sempre che nel provvedimento amministrativo si autorizzi all’esecuzione dei lavori che comportano il cambiamento di destinazione d’uso del fabbricato in abitativo (circolare n. 7/E/2021 Agenzia delle Entrate).
L’interpello citato 611/2021 ha precisato che se al termine degli interventi di recupero edilizio su un’unità immobiliare abitativa, la stessa unità viene concessa in comodato ad un soggetto che la utilizza come studio professionale, la detrazione del 50% non può essere fruibile, poiché il cambio di destinazione d’uso indicato comporta la perdita dell’agevolazione in argomento.
L’Agenzia delle Entrate conferma, che al contrario resta possibile fruire della detrazione maturata per gli interventi destinati alla riqualificazione energetica giacché tale detrazione risulta spettante anche per gli interventi realizzati su immobili non abitativi, nel rispetto dei requisiti e degli adempimenti richiesti.
Fonte: Agenzia Entrate – Risposta all’interpello n. 611/2021