
Nell’ultimo decennio il mondo delle criptovalute ha vissuto una vera e propria fioritura, portando a quella che esperti e analisti hanno definito una rivoluzione finanziaria, non esente però da criticità. Tra le principali, l’assenza di una regolamentazione precisa, in Italia come in Unione europea, che per lungo tempo ha impattato anche sul fronte fiscale. Esistono infatti obblighi specifici, sia nel dichiarare le criptovalute di cui si è in possesso (che riguardano le plusvalenze al superamento di una certa soglia) sia di monitoraggio fiscale.
Dopo anni di vuoto normativo, la Legge di bilancio 2023 è intervenuta per regolamentare il settore. Alcune questioni sono rimaste vacanti in attesa del nuovo provvedimento dell’Unione europea sulle cripto-attività (MiCA), ma si è finalmente disciplinata la tassazione delle criptovalute in Italia. Come indicare gli investimenti in criptovalute in dichiarazione dei redditi e cosa cambia nel 2023? In questa guida ti spieghiamo in parole semplici come si dichiarano le criptovalute nel 730/2023 e nel Modello Redditi PF (Persone Fisiche), e come compilare il quadro RW dedicato ai crypto-asset.
Criptovalute, cosa sono per l’Agenzia delle Entrate
Le criptovalute sono valute virtuali, cioè dei mezzi digitali di scambio. Tradotto, significa che è una valuta che non esiste in forma fisica e quindi si genera e si scambia esclusivamente per via telematica. Si tratta quindi di valuta “nascosta”, nel senso che è visibile e utilizzabile solo grazie ad un determinato codice informatico, ossia le cosiddette “chiavi di accesso”. La loro sicurezza è garantita dalla crittografia. La più nota tra le crypto è il bitcoin, lanciato nel 2009. Il problema principale di questi asset sta nel loro alto tasso di volatilità e nella mancanza di regolamentazione in diversi paesi UE, che espongono i consumatori ad una scarsa protezione, come ribadito anche dalla Consob in più occasioni.
In base alla circolare 72/E 2016 dell’Agenzia delle Entrate, le valute digitali sono considerate alla stregua delle valute estere e, in quanto strumenti finanziari che possono generare reddito diverso, sono sottoposte a tassazione in base all’art 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).
Plusvalenze e minusvalenze, cosa sono
La plusvalenza, nel linguaggio delle criptovalute, è la differenza tra il corrispettivo percepito, cioè il valore di mercato, e il costo o valore d’acquisto (che va sempre documentato con elementi certi e precisi). In assenza, il costo d’acquisto sarà considerato pari a zero e la tassazione si applicherà non sulla plusvalenza, ma su tutto l’introito percepito. È bene precisare, inoltre, che la permuta tra cripto-attività con le stesse caratteristiche e funzioni non genera plusvalenze tassabili. Quindi, passare da una criptovaluta all’altra non genera reddito sottoposto a tassazione. Al contrario, la conversione della criptovaluta in euro (o altra valuta a corso legale) ha rilevanza fiscale.
Con il termine minusvalenza, in “fiscalese” si indica l’esatto contrario di plusvalenza: si tratta infatti di una perdita su uno strumento finanziario, che si verifica quando, ad esempio, si vende un titolo azionario, o un’obbligazione, o un fondo comune, a un prezzo inferiore rispetto a quello a cui lo si è acquistato.
Come vengono tassate le criptovalute
Il reddito generato dagli investimenti in criptovalute è sottoposto a una tassazione pari al 26%, confermata anche dalla Legge di bilancio. Ma attenzione, perché non è sempre così. Questa regola si applica, infatti, in due casi:
- Se la plusvalenza supera la franchigia di 2.000 euro nel periodo d’imposta. Per esempio, se in un anno si fa una sola compravendita e si guadagnano 1000 euro, questi non saranno tassati. La franchigia calcola anche delle minusvalenze. Se con due operazioni guadagniamo 3.000 euro ma poi, sempre nel corso dell’anno, ne perdiamo 10.000 in un colpo solo, il saldo sarà comunque negativo e quindi non dovremo pagare nessuna tassa.
- Nel caso in cui la giacenza media delle criptovalute superi i 51.645,69 euro. Si deve dichiarare solo la plusvalenza ottenuta dalla compravendita, o i rendimenti provenienti da attività specifiche come lo staking o lo yield farming. Sempre grazie alle misure introdotte in manovra, se non si possiedono tutti i documenti che attestano il valore d’acquisto delle tue criptovalute, c’è un modo per evitare di pagare il 26% su tutto l’introito. È possibile infatti affrancare il valore delle criptovalute al 1° gennaio 2023 pagando un’aliquota del 14%. Infine, è stato introdotto il pagamento di un’imposta di bollo sul valore delle criptovalute detenute alla fine dell’anno, con un’aliquota pari allo 0,2% annuo, che si applica anche se non viene effettuata comunicazione in merito alla consistenza della criptovaluta.
Le criptovalute nella dichiarazione dei redditi
Come si dichiarano concretamente le criptovalute? Si deve utilizzare il Modello Redditi Persone fisiche. In realtà si potrebbe utilizzare anche il modello 730, ma a patto che la piattaforma su cui si opera possa fungere da sostituto d’imposta. Una condizione, quest’ultima, veramente molto rara. Nella stragrande maggioranza dei casi, quindi, chi fa la dichiarazione dei redditi con il modello 730, per dichiarare le criptovalute dovrà prima presentare il 730 regolarmente e poi presentare anche il Modello Redditi PF (entro il 30 novembre dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo di imposta), specificando che si è già provveduto a presentare il 730.
Nel Modello Redditi PF ci sono due apposite sezioni da compilare per dichiarare le crypto:
- Il quadro RT, cioè la parte in cui si ha l’obbligo di inserire i redditi diversi, che verranno poi tassati di conseguenza. Qui vengono inclusi tutti gli strumenti finanziari – dalle azioni alle obbligazioni, fino alle criptovalute e agli NFT – che possono generare una plusvalenza (cioè un guadagno). Nel quadro RT vanno inserite anche eventuali minusvalenze (cioè le perdite).
- Il quadro RW, che invece risponde alla necessità di monitoraggio da parte dello Stato e per questo è obbligatorio compilarlo, a prescindere dall’aspetto strettamente patrimoniale, se il valore dell’acquisto dei cripto-asset è pari o superiore ai 15.000 euro, essendo considerati, come abbiamo visto, al pari delle valute estere.
Quadro RW criptovalute: come compilarlo
Vediamo ora, nel dettaglio, come compilare il quadro RW, utilizzato per dichiarare i redditi derivanti da fonti estere, comprese le criptovalute detenute in wallet di società estere ma anche italiane. Il quadro RW si trova nel fascicolo II. Ecco le istruzioni per compilarlo correttamente.
- Nella colonna 1, “Codice titolo possesso”, si dovrà indicare il valore 1, per indicare la proprietà
- La colonna 2, “Vedere istruzioni”, va lasciata in bianco
- Nella colonna 3 “Codice individuazione bene” bisogna inserire il codice 14 “Altre attività estere di natura finanziaria e valute virtuali”
- La colonna 4, “Codice Stato estero”, non va compilata
- Nella colonna 5, “Quota di possesso”, va indicato il valore 100 per dichiarare di essere possessori al 100%
- Nella colonna 6 si deve indicare 1 per dichiarare che il valore preso come riferimento è il valore di mercato
- Nelle colonne 7 e 8 si devono indicare rispettivamente il valore iniziale e finale in euro
- Nella colonna 20 bisogna flaggare “Solo monitoraggio”. La detenzione di criptovalute infatti non rileva ai fini di imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE).
Qui un esempio di quadro RW compilato.
(Nota bene: i valori iniziali e finali nelle colonne 7 e 8 sono numeri usati a scopo puramente esemplificativo, non hanno alcun significato reale).